SUFFICIENTEMENTE

La famiglia Bandini aveva avuto per molti anni la signora Angela come donna di servizio e cuoca. Un brutto giorno però Angela fu uccisa da un automobilista ubriaco e lasciò sola Caterina, di undici anni, e sul momento sembrò ovvio che la piccola andasse a vivere dalla zia. Ma la bambina piangeva talmente, a quest’idea, che il signor Bandini propose di accoglierla in casa. La signora Yolanda, sua moglie, esitava: Perché prenderci questa responsabilità? E poi, chi provvederà alle sue necessità? Sua zia ha già messo gli occhi sul risarcimento e non ci darà una lira! Il marito insisteva, povera bambina! ma la moglie obiettava ancora: Non è in età da lavorare, sarà solo un peso, per noi. Perché mai dovremmo adottare una ragazzina, di fatto, quando abbiamo già tre figli piccoli? Tuttavia, almeno temporaneamente, la bambina rimase con loro. E poi, come avviene spesso con le cose temporanee, non si parlò più di mandarla via.

Katia era una bambina ragionevole e la sventura l’aveva resa ancora più matura. Cercava di non pesare, di non chiedere nulla e si sforzava al contrario di dare una mano per quanto poteva. Ma la signora non era la persona più facile da contentare. Questa pentola tu la consideri pulita? Questo non è il modo giusto di scopare, guarda quell’angolo! Se peli così le patate, ne butti via la metà! Katia si scusava sempre, non obiettava mai e cercava d’imparare. Anche perché la signora, che pure era una criticona, lavorava in casa e fuori, le voleva bene e non trattava certo meglio i suoi propri figli. Perfino il piccolo Aldo, di due anni, doveva essere un bravo soldatino: non si grida! Non ci si strofina per terra! E se ti succhi il pollice sono sberle, chiaro? Amedeo, che già frequentava la prima elementare, non aveva il diritto di sedersi a tavola per cena se prima non dimostrava d’avere fatto i compiti. E una volta che, come spesso fanno i bambini, provò ad averla vinta, ottenne soltanto di essere mandato a letto senza cena. E se mangiò qualche biscotto, prima di dormire, fu perché Katia li rubò per lui.

La signora Yolanda era una brava moglie, una buona madre ed una donna eccellente da ogni punto di vista, ma non distingueva fra il mediocre e il cattivo. Non esistevano, per lei, cose “abbastanza pulite”: erano semplicemente sporche. Anche per questo ogni sera, pregando, Katia diceva: “Signore, fa’ che la mamma sia contenta di me e dei bambini! Fa’ che ci lasci un po’ in pace. Lo so che ci vuol bene, e io non saprei che fare, se non avessi questa famiglia, ma fa’ che la signora Yolanda non se la prenda per tutte le piccole cose. Fa’ che sia più felice lei e siamo più felici noi”.

Anche i bambini pregavano: “Signore, proteggi la mamma e il papà, ma fa’ sì che la mamma abbia più riunioni al liceo. Noi ci divertiamo di più con Katia”.

Perfino le piante del soggiorno pregavano: “Signore, la signora ci ama e non ci possiamo lamentare per le innaffiature: ma tocca il suo cuore, fa’ che comprenda che alcune di noi moriranno, se rimarranno al sole. La nostra vita non è più importante della sua idea dell’arredamento? Perché non vuol dar retta al fioraio, e perfino alla piccola Katia, che ogni tanto le ricorda quello che costui ha detto? La piccola e i bambini rischiano solo un’educazione severa, ma noi rischiamo di morire. Non arriveremo all’anno prossimo.

Così pregavano le piante e poiché nelle favole non solo Dio esiste ma dà anche ascolto alle piante, un giorno tutto cambio: la signora Yolanda scomparve.

È inutile stare a raccontare quanto si preoccupò, pianse e si disperò la famiglia. Nessuno riusciva a trovarla, né i parenti, né gli amici, né la polizia. Bisognò rassegnarsi. E riorganizzarsi. Katia, con i suoi dodici anni – quasi tredici – non poteva certo essere una perfetta madre di famiglia ma quando il signor Carlo assunse una donna che veniva a dare una mano in casa per due ore al giorno, la ragazzina dimostrò di avere idee chiare e polso fermo. Le lezioni della signora Yolanda non erano state dimenticate e la donna imparò presto, a proprie spese, che doveva prendere assolutamente sul serio quel soldo di cacio.

La vita dunque riprese, ma ovviamente ci furono dei cambiamenti. La casa era meno pulita, i bambini meno bene educati e persino le piante furono spostate secondo le indicazioni del fioraio, scombinando un po’ l’arredamento. Il padre, quando tornava a casa, era troppo stanco e troppo felice di riabbracciare i suoi figli per chiedere se Amedeo avesse fatto i compiti o per notare che Aldo aveva il fondo dei calzoni sporco, a forza di star seduto per terra. Ringraziava anzi il buon Dio per avergli ispirato l’idea di prendere in casa Katia: la famiglia sembrava normale e i bambini, pur rimpiangendo la mamma, non sembravano orfani.

Ma dov’era andata, la signora Yolanda? La risposta, per quanto strano possa sembrare, è che non era andata in nessun posto. Era rimasta sempre in casa ma Dio l’aveva resa invisibile. Aveva dunque condiviso la disperazione del marito e dei figli ma essi non avevano potuto sentire le sue parole di conforto, le sue promesse di ritorno, il suo strazio di essere contemporaneamente assente e presente.

Quando poi la famiglia si rassegnò e andò avanti con un nuovo ritmo, ebbe nuovi e diversi motivi di sofferenza. Non appena vedeva che Aldo si sedeva per terra non poteva trattenersi dal gridargli “Sporcaccione, alzati!”, ma il bambino non l’udiva e continuava a giocare sereno. Amedeo prese qualche brutto voto a scuola e la donna di servizio era perfino meno accurata di Katia, quando si trattava di rigovernare. E quanto alla maniera di stirare, neanche a parlarne! Yolanda si sgolava inutilmente: una camicia che lei considerava orribile, sia che l’avesse stirata la donna sia che l’avesse stirata Katia, era dichiarata pronta per essere indossata e Carlo stesso non notava nulla. “Ed io che ho perso ore ed ore per farlo uscire vestito come un principe!”

Insomma, mentre la famiglia tirava avanti, soprattutto nelle prime settimane la signora Yolanda patì le pene dell’inferno. Poi, a poco a poco, anche lei si rassegnò, ché tanto nessuno la sentiva. Accettò che i suoi figli fossero sufficientemente puliti, sufficientemente seguiti e sufficientemente bene educati. E sapeva Iddio che cose significasse, per lei, l’avverbio sufficientemente. Ma non poteva farci nulla. Katia era sufficientemente capace d’essere una madre di famiglia, malgrado la sua età, e comunque amava moltissimo i bambini. Né lei né Carlo avrebbero potuto sperare di meglio.

E i bambini? I due più grandicelli sembravano vivere un’interminabile vacanza. Memori del regolamento materno, avevano la sensazione di una sconfinata libertà. E facevano anche qualche sciocchezza. Una volta guastarono persino il televisore. Ma in totale erano felici e spensierati. Alduccio si legava ogni giorno di più a Katia e cresceva benissimo: quasi trascurato, diveniva sempre più autonomo ed era felice quando Katia, avendo mandato Amedeo a scuola e Alberto, il mediano, all’asilo, rimaneva sola con lui e si faceva aiutare nei lavori domestici chiamandolo “il mio socio”.

Purtroppo, la signora Yolanda era costretta ad ammettere che la famiglia non solo faceva a meno di lei ma, se prima era stata sufficientemente felice, ora lo era sul serio. L’unico neo, per lei, era che Carlo aveva ripreso a guardarsi intorno, alla ricerca di una nuova compagna. E questo la fece piangere. “Signore, cominciò a pregare, tu hai avuto pietà delle piante del mio soggiorno, che ora stanno benissimo, e non vuoi avere pietà di me? Io ho forse commesso degli errori, in passato, ma perché vuoi togliere a Carlo la donna che l’ama di più? Perché vuoi togliere a me il padre dei miei figli? Fammi tornare da loro, ti prego. Fammi divenire la sostituta di Katia e l’amante di mio marito!”

Dio esitava ancora quando udì la voce delle piante del soggiorno che reclamavano la loro cara padrona di casa. E cedette.

Yolanda tornò alla sua famiglia che, da quel momento, fu felice come non era mai stata prima.

Gianni Pardo

SUFFICIENTEMENTEultima modifica: 2012-07-22T13:47:00+02:00da gianni.pardo
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