OPERE TEATRALI – EDNA

Dramma in tre atti

 (Jarvis rassetta un po’. Suona il telefono.

– Pronto. … No, la signora è uscita. … Credo fra non molto.  No, non credo debba uscire, dopo. Ovviamente non conosco i suoi progetti. Come ha detto che si chiama? … bene, il signor Foss. Il signor Foss, sì, me lo ricorderò. … Lei lo sa che la signora non riceve nessuno: perché non concorda con lei stessa un appuntamento? Se lei ne è sicuro. … Bene, signore, come vuole. Mi scusi.

(Jarvis si siede accanto al telefono, prende un giornale ma poco dopo si percepisce l’arrivo della signora. Jarvis posa il giornale, stira la giacca verso il basso e va incontro ad Edna, che fa il suo ingresso con fare sicuro. È una donna alta, dal portamento nobile, ancora piacente fisicamente ma dal viso coperto da una maschera bianca, come quelle veneziane di carnevale).

Edna – Hai parlato con gli Hollister?

Jarvis – Sì, signora. Mi hanno detto: “se la signora è infastidita dal fatto che il cane abbaia non le rimane che insegnargli a miagolare”. Mi scusi ma sono le loro stesse parole.

Edna – (scuotendo la testa) Che maleducati! Che gentaglia abbiamo, come vicini. Una non può passare per i fatti propri che quel cane le deve correre dietro, lungo tutta la cancellata, abbaiando come un ossesso. (sedendosi) Insegnare al cane a miagolare! Io sarei così contenta d’insegnare a loro a guaire, a forza di bastonate. Et tu che cosa gli hai risposto?

Jarvis – Io? Niente. Ho detto che avrei riferito le loro parole.

Edna – Non potevi dire, che so, che ci saremmo rivolti all’autorità, a chiunque possa intervenire?

Jarvis – Il fatto è che non c’è niente da fare. Tutti hanno diritto di tenere un cane in giardino. È un fastidio per gli altri, ma non c’è rimedio. Però…

Edna – Però?

Jarvis –Gli ho fatto notare che il diritto stava dalla loro parte, le regole del buon vicinato no. Se loro la prendevano su questo tono, dovevano sapere che, dovesse lei avere l’occasione di restituire loro la cortesia, non se ne sarebbe privata.

Edna – Bravo! (esclama Edna, battendo le mani l’una contro l’altra) Sei stato grande. Io non avrei trovato una così bella risposta. Non hai minacciato quello che non potevi minacciare ma li hai fatti sentire in torto. La verità è che ho fatto male a mandarti da loro. Avrei dovuto saperlo che non c’era niente da fare, che certo non avrebbero eliminato il cane per me. Ero arrabbiata. Scusami. Ci sono altre novità?

Jarvis – Sì. Ha telefonato un certo signor Foss. Vorrebbe avere un incontro con lei.

Edna – (con fare indifferente e conclusivo, mentre prende il giornale). E tu gli hai detto che non ricevo nessuno.

Jarvis – Gliel’ho detto, ma lui ha insistito. È convinto d’essere tanto suo buon amico che..

Edna – (indignata) Buon amico? Lui? Quel verme?

Jarvis – Dovevo immaginarlo. Lui invece ha detto che è tanto un suo buon amico che verrà subito, insieme col piccolo John. Ha detto che lei sa chi è il piccolo John…

Edna – È il suo bambino. Viene subito? Ma come si permette? E tu, tu che sai come la penso …

Jarvis – Io sono stato chiaro, gli ho anche detto che si prendeva lui tutta la responsabilità, ma lui… Se vuole, posso non farlo entrare.

Edna – Non siamo melodrammatici. Tu falli venire che gliel’insegno io, la buona educazione. Vado in camera mia, intanto, e quando questi due arrivano digli che non sai se mi sento bene o no, se intendo riceverli o no. Poi vattene ad occuparti degli affari tuoi, e lasciali cuocere nel loro brodo. Intanto comincino col fare una bella anticamera. Magari si stancano e se ne vanno.

Jarvis – Non gli offriamo nemmeno un drink?

Edna – Neanche un bicchiere d’acqua. Ogni tanto, casualmente, vieni a vedere se se ne vogliono andare.

Jarvis – Come desidera. Vuole che lo faccia a lei, un tè?

Edna – Non lo so. Un momento, sta arrivando un’automobile?

Jarvis – (va alla finestra). Sì, ne stanno arrivando due.

Edna – Ma erano dunque dietro l’angolo! Classico stile Foss. Io sono in camera mia (esce velocemente).

(Entrano Jarvis, Foss e Kert. Foss è sui cinquanta, corpulento, sicuro di sé, da uomo d’affari. Kert è un bel giovane sui venticinque-trent’anni. Più bello è meglio è).

Jarvis – Si accomodino. Prego.

Foss – La signora è tornata?

Jarvis – (con imbarazzo) Sì. È nella sua stanza. M’ha detto che ha mal di testa. O è stanca, non ho capito bene. Pensa che forse sarebbe meglio tornaste un’altra volta. Magari concordando prima l’incontro.

Foss – (ridendo) Edna non si smentisce mai. Vedi, John, già un tempo amava farsi desiderare, e non smette neppure ora.

Kert – Ce ne andiamo?

Foss – Ma per niente. Se le chiedessimo un appuntamento ci direbbe di no. Se ce lo concedesse potrebbe anche cambiare opinione dopo aver detto di sì e piantarci qui ad aspettare. No, niente: dobbiamo solo sederci qui e farle capire che, oggi o un altro giorno, dovrà pure parlare con noi.

Kert – E se si rifiutasse sempre? Se dicesse al maggiordomo di non aprirci la porta?

Foss – Ma via, siamo amici, ti dico!

Kert – E gli amici li tratta così?

Foss – (ride) Appunto. E ora figurati i nemici! Guarda, questo signore… come si chiama, lei?

Jarvis – Jeremy, ma la signora mi chiama Jarvis.

Foss – Vedi, John, Jarvis sorride. Perché la conosce come la conosco io. Siediti.

Jarvis – Lor signori mi scusino.

Foss – Prego, vada, vada.

(dopo una pausa).

Foss – Allora, ti è tutto chiaro?

Kert – Chiaro sì, ma la parte non mi piace.

Foss – Piacerti! E perché dovrebbe piacerti? Il naufrago che nuota si chiede forse se gli piacciono i bagni di mare?

Kert – Sì, ma questa idea di sedurre un’ex-attrice per farle sganciare il copione…

Foss – Ci hanno provato in molti, con tutti i sistemi. Anzi ci abbiamo provato con tutti i sistemi. Il fatto è che odia il mondo intero, da quando è successa la disgrazia. Quasi che non fosse naturale che, da quando è rimasta sfigurata, tutto cambiasse, per lei. Al denaro non bada. E oltre tutto noi in particolare non avremmo di che pagarla. E poi adora dire di no. Dice che Hartmann il copione l’ha lasciato in eredità a lei e dunque se lo tiene stretto. (quasi con irrisione:) Non c’è nessun regista all’altezza di un simile copione, dice: ma sono tutte scuse. È inacidita contro il mondo, ecco perché si comporta così.

Kert – Ed io dovrei toglierla dall’acido? Senza neanche poterle offrire il denaro che ha già rifiutato?

Foss – Tu devi riuscire in un’impresa più difficile e appassionante: fartela amica. Devi magari corteggiarla, dirle che sei innamorato di lei. Ma attenzione, con bel garbo e a poco a poco, mi raccomando: Edna è tutt’altro che una stupida! Poi, quando lei acconsentirà a darti il copione, noi glielo pagheremo il poco che possiamo e tu potrai mandarla al diavolo.

Kert – Lo ripeto, questa parte non mi piace.

Foss – Ti piace di più andare a fare il commesso in un negozio? Il marinaio su un cargo? L’operatore in un cinema? Ti rendi conto che le banche non mi fanno più credito, che non abbiamo più i soldi per produrre un film? Basta che uno sbagli un colpo, ed è il disastro: non mi sono più risollevato dal fiasco di “Passione di zingara”. E dire che c’erano tutti gli ingredienti: sesso, violenza, effetti speciali. Il pubblico è proprio un animale imprevedibile. E ora tutti temono di perdere i soldi del finanziamento, con me.

Kert – Ma come mai dimenticano quanto gli hai fatto guadagnare, con “Cantando fra le nuvole”?

Foss – È stato troppi anni fa. Loro dicono: le mucche vive si mungono, le mucche morte si abbattono. E cambiano vacca.

Kert – E col copione che cosa cambia, esattamente?

Foss – Con quell’asso in mano, saranno contenti di finanziarmi. Perché dopo tutto il baccano che c’è stato, a proposito di Hartmann, ed anche di Edna, quanto meno abbiamo un succès de scandale (pronunciare siuksedscandàl). La salvezza, per noi. Basterà non fare un film pessimo ed io ce la metterò tutta, vedrai.

Kert – Ma la parte non mi piace.

Foss – Oh basta, con questo ritornello! Io me ne frego, di quello che ti piace e di quello che non ti piace! Se non sei d’accordo, ci alziamo e ce ne andiamo, ma da domani mattina tu andrai a cercarti un lavoro ed entro un mese devi andartene da casa. Sono troppi anni che hai la vita facile. (irridendolo) Poso andare in giro con un’automobile di cinque anni fa? Posso farmi vedere con i vestiti di tre anni fa? Certo, finché paga papà, il problema è solo la scelta del meglio. Ma tu sei arrivato alla maggiore età, finalmente. O ti ci faccio arrivare io (Kert alza le spalle).

(un lungo silenzio).

Kert – (guarda l’orologio) Che facciamo?

Foss – Lo vedi, quello che facciamo. Aspettiamo.

(un altro silenzio). (Si sentono dei passi, arriva Edna. Apre la porta e si ferma, statuaria. Non dice una parola).

Foss – Cara Edna! Come sono lieto di vederti. Inutile chiederti come stai, stai bene, lo vedo.

Edna – (tagliente) Spudorato.

Foss – (come non avesse sentito) Questo è il mio piccolo John, quello che hai battezzato Kert. Te lo ricordi? Era alto così, l’ultima volta che l’hai visto.

Edna – Che diamine racconti? Io non ho battezzato nessuno.

Foss – Ma sì, anche se non te lo ricordi. Era piccolo, io ti dissi che si chiamava John e che ne avrei fatto un primo attore, tanto era bello, e tu mi dicesti che uno che si chiama John al massimo può diventare un fattorino. Che lo chiamassi Kert o qualcosa del genere. E infatti lui, come attore, non si chiama Kert-o-qualcosa-del-genere: si chiama Kert Sterling.

Edna – Mai sentito nominare.

Foss – Ovviamente, ti ho forse detto che è famoso? Deve ancora farsi un nome.

Edna – Ed anche un cognome. (Con aria seria. Poi, rivolgendosi a Kert:) Ed avrà molte difficoltà se, come sembra, è muto (viene avanti e si siede).

Kert – Non sono muto, signora. Sono imbarazzato. Mio padre ha insistito per farle questa sorpresa e io temo che sia stato un errore. Per lo meno, è stato un errore che venissi anch’io.

Edna – Non sei colpevole di niente, conosco tuo padre. È un briccone che non sa che cosa sia il pudore o la delicatezza. (parlando a Foss) Alle corte, che vuoi da me, perché sei venuto?

Foss – Perché, è sicuro che, se sono venuto, ho bisogno di qualcosa?

Edna – (Senza sorridere) Senza alcun dubbio.

Foss – (ridendo troppo) È impagabile! Te lo dico io, è impagabile! Ma, dico, hai visto come ha detto quel “senza alcun dubbio”? Bette Davis non l’avrebbe detto meglio.

Kert – Forse è semplicemente il tono della verità.

Edna – (volgendosi interessata al giovane) Questa è la prima cosa sensata che è detta in questa stanza, da qualche tempo a questa parte. Bravo. Continua dicendola tu, la verità.

Kert – La verità è che mio padre m’ha portato qui perché ha qualcosa da chiederle. Pensa che recito malaccio e che avrei bisogno di una buona maestra. Gli altri grandi attori sono meno bravi di lei, a suo parere. Se solo riusciamo a convincerla abbiamo fatto un grande affare. Lei può pensare di mio padre ciò che vuole, ma la stima che ha di lei fa parte della verità.

Edna – Stima! Esattamente quella determinata dal botteghino. È come tutti i produttori. Ha la stessa sensibilità artistica del cuoio del suo portafogli. Se fossi veramente una così grande attrice, per lui, anche sfigurata potrebbe offrirmi di recitare alla radio. O chiamarmi per un doppiaggio, anche se io direi di no. Ma lui non me l’ha chiesto.

Foss – Mi calunni, mi calunni sempre! È seccante, alla fine! Ho sempre saputo che non saresti disposta a fare la doppiatrice d’attricette senza voce o con una pronunzia ostrogota.

Kert – (a Foss) Non ti calunnia affatto. Tu non la chiameresti perché sai che dopo l’incidente il solo nominarla rende triste la gente. Mi scusi, signora, come vede sono ancora una volta franco. E deve anche credermi franco se le dico che ha molta stima di lei. Dice di lei che è una grandissima artista e una grandissima tecnica della recitazione. Se no, perché m’avrebbe portato da lei?

Edna – Non lo so. Conoscendolo, penso per qualche motivo spregevole. Ma non riesco ancora ad immaginare quale. E tu, giovanotto, perché sei venuto?

Kert – Perché ho lasciato il professore che avevo. Mi diceva di recitare così: (enfatico) (qualche riga dell’Amleto, non “essere o non essere”, però. Per esempio, le istruzioni agli attori).

Edna – (sorridendo) Basta così. E perché non eri contento? Tutti dicono che non si recita Shakespeare come fosse una normale conversazione: e quella che declamavi è una tragedia.

Kert – Lo so, ma è sbagliato lo stesso. A mio parere, ovviamente. Il testo dev’essere significativo, alto, tragico, ma l’attore deve scomparire dietro di esso, non mettersi davanti fino a coprire le parole che dice. E poi… Ma lei penserà che sono un presuntuoso. Io sono venuto a chiedere che lei m’insegni ed eccomi qui a proclamare principi, quasi fossi io l’insegnante.

Edna – Lascia perdere. Continua.

Foss – Qui la cosa si fa lunga ed io, se permettete, me ne vado. Per me s’è fatto tardi. Cara Edna, ti ringrazio d’averci ricevuti e poi-

Edna – Tagliala.

Foss – Volevo solo-

Edna – Ciao.

Foss – Ciao.

Edna –Dicevi?

Kert – La recitazione teatrale ha un destinatario che, presso i Greci, era anche l’ultimo spettatore in cima alla cavea. Per questo gli attori andavano in giro con una sorta di megafono, la maschera, appunto. In un teatro moderno la maschera non è più necessaria, ma…(ammutolisce)

Jarvis – (è comparso Jarvis, dopo avere evidentemente accompagnato Foss alla porta): La signora e il signore desiderano un tè?

Edna – Ma non c’è modo di parlare in pace! Va bene, fallo pure, il dannato tè, e portalo qui. Con tre tazze, così lo prendi anche tu. Jarvis è la mia unica compagnia. Eravamo al teatro.

Kert – In teatro la recitazione è più misurata ma rimane gestuale, addirittura melodrammatica, se confrontata col cinema. Nel cinema infatti lo spettatore ha un punto di vista così vicino all’attore, da poterne studiare i minimi dettagli espressivi. Tanto che chi recita può limitarsi a pensare i suoi sentimenti, senza dare alcun ordine ai muscoli facciali.  Se ha talento, il suo viso li esprimerà al meglio, quei sentimenti. Sto dicendo sciocchezze?

Edna – (pressoché benevola) Per niente. Il problema è un altro. Sei un piccolo genio che ha capito queste cose da solo, o sei uno che si è preparato la tirata culturale per fare colpo sulla vecchia strega?

Kert – Signora, non si può prendere tutto in mala parte. Se lei tratta me con sarcasmo e definisce se stessa vecchia strega, non andremo lontano. Ci faremo solo del male. Lei sembra impegnata a trasformare tutto il vino in aceto.

Edna – Il fatto è che io nuoto nell’aceto, dal mattino alla sera.

Kert – Fa male. Non tutto è bello. Ma non tutto è brutto.

Edna – Io, sono brutta.

Kert – No.

Edna – Come, no?

Kert – Lei non è brutta, lei è sfigurata.

Edna – E dov’è, la differenza?

Kert – Il brutto è brutto da sempre, e sviluppa un’anima da brutto. Si adatta a quel difetto e cerca di compensarlo; se ne fa un complesso e comunque una parte della sua personalità. Insomma la sua bruttezza fa parte di lui. Lei invece è stata per anni ed anni una donna bella ed ammirata ed dunque ha un’anima da bella. Nel suo cuore lei è ancora la stessa donna bella che era prima.

Edna – (Entra Jarvis col tè. Edna è colpita ed irritata) Devo essere una pazza, se mi metto a fare discorsi del genere con un ragazzino che vedo per la prima volta. Lascia stare, Jarvis, ci serviamo da soli. Siediti. E serviti anche tu. (a Kert) Gli piace fare questa parte di maggiordomo. Ho persino provato a non pagarlo e non se ne va. Vero, Jarvis?

Jarvis – Sto bene qui.

Edna – Jarvis, questo giovanotto vuole lezioni di recitazione. Che dici, gli rispondo di sì o di no?

Jarvis – Lei, se vuole il mio parere, gli può dire di no per due ragioni: o perché non ne ha voglia o perché l’onorario non è sufficiente. Non vorrei però che dicesse di no solo per dire di no.

Edna – Jarvis è la saggezza fatta persona. Teme sempre che io mi muri viva per dispetto nei confronti del mondo. Secondo lui io dovrei andare in giro, con questa maschera di carnevale, per fare paura ai bambini e farmi ridere dietro dai giovinastri. Nevvero, Jarvis?

Jarvis – Lei sa benissimo che io la proteggerei da questo genere di problemi. Si tratta d’altro. Si tratta…

Kert – Si tratta di sorridere un po’ al mondo, affinché il mondo sia autorizzato a sorriderle. In lei c’è tutta l’amarezza di chi nell’amarezza sta annegando.

Edna – (ridendo) Ho due psicoanalisti al prezzo di uno! E secondo te, Jarvis, quanto dovrei chiedere, per queste lezioni?

Jarvis – Non saprei. Può chiedere a lui stesso quali sono le tariffe, in giro. E poi… No, non saprei.

Edna – Perché sei così perplesso?

Jarvis – Perché da un lato lei non ha bisogno di guadagnare, e dunque non ha ragione di chiedere molto. Dall’altro, tenendo conto di chi è lei, dovrebbe chiedere somme astronomiche. Mi scusi, signore, signor Kert…

Kert – Chiamami Kert. Hai perfettamente ragione. La signora ha il diritto di chiedere qualunque somma. Starà poi a me, anzi a mio padre, vedere se la possiamo pagare.

Edna – Non potete. Tuo padre non fa un film che incassi qualcosa da un paio d’anni. Mi chiedo di che cose continuiate a vivere.

Kert – Effettivamente non nuotiamo nell’oro.

Edna – E allora con quale coraggio venite da me?

Kert – (alzandosi) Ha ragione. Le chiedo scusa.

Edna – Va via?

Kert – Che altro potrei fare?

Edna – Potrebbe essere meno suscettibile. Già ha segnato un punto non mentendo né rispetto a suo padre né rispetto alle difficoltà economiche della sua famiglia. Infine è capace di capire quando è il momento di mettere punto. Bravo. Per questo le dico che ciò che non ci si può permettere economicamente lo si può avere gratis.

Kert – Devo capire che c’incontreremo di nuovo?

Edna – Dopodomani alle diciassette. Impari la tirata di Macbeth…, venga con me che le dico quale atto e quale scena è.

(Si alza e gli altri due la seguono, uscendo di scena. Cala la tela).

 

ATTO SECONDO

 

Edna – Suvvia, ricomincia. Ma parla più lentamente. Non è che ai personaggi le parole vengano così, senza pensarci. Soprattutto visto il peso di questi concetti. E quando al gestire, fallo sobriamente. A volte basta che una sola mano si muova, senza neppure giungere al livello della cintura. Puoi persino parlare a capo chino, a volte, come qualcuno che si arrenda ai propri pensieri. Comunque, non sei andato male.

Kert – È merito tuo. Io penso sempre alle orazioni famose, quella di Antonio in morte di Cesare…

Edna – Sì, ma questa è una tragedia in abiti moderni. Comunque ricominciamo.

Kert – (cambiando un po’ il tono, nel senso che sarà un po’ più teatrale: ma non melodrammatico). “La tradizione vuole che io parli. Essa mi costringe a dire parole inutili e dunque le dirò: ma non sono disposto a mentire. Quello che abbiamo davanti non è il mio amico e non è il vostro amico: è un mucchietto di carne destinato ai vermi. È inutile illuderci e dire che vive, che è felice in un altro mondo. No, non vive. È morto. Non è felice. E non è neppure infelice: per l’ottima ragione che più non è. Oltre alla nostra vigliaccheria, ci illude il linguaggio. Ed ecco diciamo che egli è scomparso, egli è morto, egli ci ha lasciati. Egli, egli, egli. No, nessun egli. Helmut non sarà mai più soggetto di nessuna frase. Quello che abbiamo davanti può solo subire azioni, non può più farne.

È questo, la morte: un’eterna assenza da sé. E dunque abbiamo certo ragione di piangere, ma non su di lui. È su di noi, che dobbiamo piangere. Su noi che l’abbiamo perduto e non lo rivedremo mai più. Su noi che non possiamo più fargli sentire il nostro amore, su noi che non avremo mai più la gioia del suo sguardo azzurro e mite.

È questo, la morte. La prova che ci illudiamo. Che il nostro senso di pace e stabilità è un inganno. Che tutto passa, anche noi passeremo, e tutto questo non avrà avuto senso. Le mie lacrime non hanno senso, le vostre lacrime non hanno senso; e non ne hanno neppure queste cerimonie, questo teatro della vita.

Oh sì, ci sono mille ragioni di piangere. E se il nostro amico non partecipa a questo sconforto, questo non può che intristirci ancora di più. Nemmeno piangere potremo fare eternamente insieme. Siamo condannati al nulla”.

Edna – (battendo le mani, due sole volte) Bene. Ci siamo. In data odierna abbiamo finito il nostro corso e io ti rilascio il mio diploma. Lo troverai in fondo alla tua tazza di tè. Se un giorno tuttavia dovessi recitare questo pezzo dinanzi alla macchina da presa, ti devi allenare a saperlo riprendere in ogni momento, dopo qualunque interruzione, senza cambiare intonazione e tipo di recitazione. Il cinema è quanto di meglio per mettere a dura prova qualcuno che s’immedesimi nella parte.

Kert – E per questo la volta scorsa m’hai interrotto cento volte.

Edna – Appunto. E al riguardo puoi ancora migliorare. Anche se io credo di non avere più nulla da insegnarti: ma in questo mestiere si migliora per tutta la vita. (ridendo, amara) Fino a quando sei talmente bravo, ma anche talmente vecchio, che nessuno ti vuole più.

Kert – La tua solita amarezza. Tu sei stata grande ben prima d’essere vecchia.

Edna – Già, sono stata talmente brava da giovane da essere brutta e deforme prima d’essere vecchia.

Kert – Edna, ma perché ti avvoltoli sempre nella tua disgrazia senza mai permetterti un momento d’abbandono? Perché fingi sempre un carattere che non è il tuo? In queste settimane non è forse stato bello incontrarsi, stare insieme, perfino studiare recitazione? Quante cose non t’ho raccontato, ogni volta che abbiamo smesso? Quante non me ne hai raccontate tu, dimenticando la tua maschera ed essendo finalmente te stessa? La stessa persona affascinante d’un tempo.

Edna – “La stessa persona affascinante d’un tempo”. Balle. Quella ormai esiste solo in vecchi rotoli di pellicola. Io oggi potrei essere vista in un altro modo, per esempio, dal punto di vista morale, come “il simbolo del sesso punito nella sua vanità”. Potrei essere un oggetto di studio dal punto di vista medico, o perfino dell’infortunistica: ma il mio punto di vista è quello di chi questa storia la vive. Io sono quella che si è vista osannare dal mondo intero, ha ricevuto lodi iperboliche, ha visto folle di adoratori guardarla come una manifestazione di bellezza quasi divina, e poi, improvvisamente, senza che nell’intimo sia cambiato niente, senza che l’io si senta minimamente diverso, si vede trasformata in oggetto di orrore. O di pietà. E Dio sa che la smorfia della pietà somiglia troppo a quella del disgusto.

(si alza e occasionalmente fa qualche passo. Dopo un silenzio)

Non è solo una tragedia, ciò che si vive in questi casi: è un cataclisma. Si rimane increduli. Il nostro mondo non può cambiare così completamente, da un giorno all’altro. Anzi, no, non posso nemmeno dire che sia cambiato. Gli oggetti che conoscevo sono ancora lì. Le persone hanno la stessa faccia di prima. Non è cambiata la mia stanza, la mia città, tutto ciò che mi era familiare. Nulla di tutto questo mondo è cambiato. È solo cambiato il modo in cui m’accoglie. Dal sorriso deferente allo sguardo che sfugge. Se mi copro suscito pietà, se mostrassi questa mia povera faccia susciterei orrore. Dalla parte d’Esmeralda a quella di Quasimodo.

Coloro che un destino crudele ha voluto segnare hanno tutta la vita per abituarsi al loro ruolo di reietti e di mostri, come hai detto tu quando ci siamo conosciuti. Io no. Io ho dovuto fare un corso accelerato, per divenire Quasimodo. Dopo aver sostenuto la parte di Mata Hari e di Salomè, della bella Otero e di Cleopatra, ho dovuto assumere la parte di mostro senza potermi mai togliere il trucco, senza poter mai ridivenire me stessa. Peggio che in carcere. Peggio che all’ergastolo. Perché mai potrò uscire da dietro questa mia povera faccia devastata.

Kert – Ma cara Edna, io non nego affatto tutto quello che tu dici. Nego però che il tuo incidente comporti il tuo isolamento, la fine della tua vita di relazione. Ti ricordi? Qualche giorno fa m’hai detto “è vero, tu mi dimostri affetto, ma quando finiranno queste lezioni non ti vedrò più”. Ed io ti ho detto che no, che ci saremmo ancora visti. Perché a questi incontri tengo; perché sento affetto, per te. Poco m’importa della tua maschera, la differenza d’età, perfino i tuoi scatti di nervi. Le tue rudezze non m’impressionano, perché so chi e che cosa c’è dietro. Non vale nulla, tutto questo? E non vale nulla l’affetto costante e indefettibile di Jarvis? Sai che mi sono accorto che è un uomo notevole? Hai una grande fortuna, ad averlo accanto. Hai lui ed hai me, che ti ammiriamo e ti vogliamo bene.

Edna – (tristemente) Vieni a dirmi la tua ammirazione e parli addirittura d’affetto. Ma come vuoi che ti creda? E se ti credessi, come potrei crederti un giovane normale? Saresti un imbecille che rifiuta d’inforcare gli occhiali della realtà. Uno che preferisce sognare più che vedere. Io so bene che, per legge di natura, ti perderò. A che scopo insisti per infliggere a questo povero rottame che io sono l’atroce dilemma tra l’avere a che fare con un malato di mente capace d’interessarsi a me, o con un superficiale che prima mi promette mille cose e poi, com’è naturale, mi dimenticherà? Forse avrei preferito che tu fossi uno che cercava d’ottenere qualcosa da me. Un delinquente capace d’ingannarmi e di far leva sulla mia disperata fame d’umanità. Avrei capito tutto, sarei potuto stare al gioco, finché durava. O mandarti al diavolo prima di cominciare ad abituarmi a te. Ma no, non hai mai chiesto nulla, né una raccomandazione, né un oggetto, neppure quel famoso manoscritto Hartmann su cui tuo padre voleva tanto mettere le mani. Niente. Ti presenti come un bravo giovane che non vede di fronte a sé un’ex-attrice divenuta un mostro, ma una giovane amica con cui giocare il gioco dell’affetto, della confidenza, dell’intimità. Del flirt, quasi. Per fortuna tutto questo è finito. Parliamo d’altro.

Kert – Veramente io vorrei aggiungere-

Edna – No, non aggiungere altro, ti prego. Lascia che il futuro sia ciò che ha da essere. Non protestare, non promettere. Non mentire, quand’anche non sapessi di mentire. E visto che dobbiamo lasciare la parola al futuro, parliamo del tuo. A che punto sei, come scritture?

Kert – Zero. Mio padre non ha denaro, le banche non gli fanno più credito, e quanto a me, chi potrebbe affidarmi una parte? Chi scommetterebbe su uno sconosciuto senza un passato d’attore? Solo mio padre, potrebbe, e lui stesso lo farebbe per affetto, rischiando l’insuccesso.  Qualunque film fa soldi se ci sono certi nomi in cartellone, lo sappiamo. Le banche riaprirebbero i rubinetti se invece d’un signor nessuno di nome Kert Sterling il protagonista fosse il famoso Jeff Hunter. O se il copione fosse firmato da Neil Simon, Tennessee Williams, Arthur Miller. Ci vuole un richiamo, come per le allodole.

Edna – O un copione firmato Hartmann.

Kert – (come distrattamente) Sì, un copione firmato Hartmann o qualcosa che interessi tutti. Come diceva un nostro sceneggiatore, se vuoi pubblicare un libro, prima divieni celebre e poi lo pubblichi. Se invece scrivi un capolavoro, ma nessuno ti conosce, potrai tenere il tuo Lost Paradise nel cassetto. Bisogna avere un motivo di richiamo per il pubblico. Un tema molto noto, per esempio. Ed ecco tutti i film che hanno fatto sul Titanic o sugli ammutinati del Bounty. Oppure gli effetti speciali. O la lobby dei critici che decide, per qualunque motivo, di darti una mano e pompa il film sui giornali. Ma partendo così, senza denaro e senza un atout, io personalmente non potrò che cercare quel lavoro di cui parla mio padre quando s’arrabbia con me. Del resto, perché non dovrei lavorare? Perché dovrei per forza divenire un attore? M’è piaciuto, imparare a recitare con te, per qualche settimana. Col nostro dialogo, ho quasi dimenticato che non sono nessuno e che tu sei stata una regina dello schermo. Parlando d’attori, dicevo “noi”, senza accorgermi che sognavo. Bene, tutti i sogni finiscono.

Edna – (dopo un silenzio) E se io ti dessi il copione Hartmann? Dopo tutto non potrà restare eternamente in un cassetto. In fondo ho sempre detto di no solo per fare un dispetto al mondo: ma Hartmann non me l’ha lasciato per farlo ammuffire e farlo uscire quando non sarà più un richiamo come lo è oggi. Che te ne pare?

Kert – (sorridendo) Avevo appena detto che mi volevo svegliare e tu m’inviti a sognare ancora. Come potremmo pagartelo mai? Te l’ho detto, mio padre è praticamente al verde.

Edna – E chi ti ha detto che dovreste pagarmi? Io m’accontenterò d’una normale percentuale sugli incassi.

Kert – (confuso) Io non so più che dire. Non è meglio se ci ripensi e decidi la prossima volta? Non puoi agire d’impulso in un affare così importante.

Edna – Non sto agendo d’impulso. E te lo provo. Il copione è in questo cassetto, eccolo qui. Dentro ci troverai una lettera in cui dico che te l’ho dato io, in prestito, in modo che non ti si possa accusare di furto. E t’invito ad andare dal mio avvocato per un regolare contratto. Come vedi, il biglietto era scritto sin da prima. Ovviamente, io do il copione anche a tuo padre, con cui comunque non voglio avere a che fare, se tu sarai protagonista del film. Ma i particolari li vedrai col mio avvocato.

Kert – (prendendo il copione). Che faccia deve fare, uno, in questi casi? Che devo dire?

Edna – Mia madre, quand’ero bambina, mi diceva in questi casi: “Si dice grazie”.

Kert – Sembra una parola così piccola e banale, nel momento in cui salvi sia me che mio padre.

Edna – Non è solo questo, forse è anche vanità. Vorrei vedere che cosa ho saputo fare di te. Se mi consentirai di seguirti nella recitazione di questo futuro film, sarà un po’ come se potessi recitare attraverso te.

Kert – Sempre pronta a sminuirti. Tu che invece sei non solo una grande artista ma una gran donna. In tanti incontri, in tante ore passate insieme, non ho mai percepito nulla di miserabile, in te. Nulla di spregevole, sei cristallina e pura come una fonte di montagna. Luccichi al sole come se la vita non fosse riuscita a depositare un solo granello di polvere, su di te. E dici d’essere un orrore! Ma tu sei la donna più amabile che io abbia conosciuta!

Edna – Suvvia, non esagerare. Già non ho tendenza a crederti, se mi dici qualcosa di gentile, se ora ti metti a dire cose del genere, dovrei avere il buon senso e la forza di mettermi a ridere. E siccome in questo momento non ho questa forza, mi faccio aiutare dall’orologio per segnalarti che è l’ora in cui di solito vai via. Anzi, era l’ora, mezz’ora fa. Vai, vai via (si alza).

Kert – (si alza a sua volta, come con rammarico) Posso baciare la tua maschera?

Edna – Baciare la mia maschera? Ma sei matto?

Kert – Non sono matto. Perché dietro quella maschera ci sei tu. Ed è questo il modo di dirti grazie come sento di dirtelo (la bacia. Poi va via risolutamente).

Edna rimane come pietrificata, poi si lascia cadere in poltrona, con la testa che le cade sul petto. Tela.

 

ATTO TERZO

(Edna siede e legge. È sola. Si sente suonare il telefono in un’altra stanza. Poco dopo entra Jarvis).

Edna – Chi era?

Jarvis – Kert. Ha detto che fra poco sarà qui.

Edna – Come? Senza chiedere se non ho impegni, se sono disposta a riceverlo?

Jarvis – Gli ho infatti risposto che sarei venuto a chiedere a lei se…

Kert – E che ha detto?

Jarvis – Che era questione troppo importante per rinviarla. Sarebbe venuto anche se lei fosse stata assente e avrebbe parlato con me.

Edna – Con te? È veramente strano, tutto questo. Che diamine può essere successo? Non lo vedo da una settimana ed ora questa telefonata… Siediti, vediamo che cosa riusciamo a sapere.

Pronto? Sono Edna. Sì, proprio io, l’avvocato è in studio? D’accordo, ma io gli devo fare solo una domanda, deve dirmi un sì o un no. Attendo in linea. (parlando a Jarvis) Tu hai notato qualcosa di speciale, l’ultima volta che è venuto?

Jarvis – Mi sembrava fosse molto contento. Effettivamente, lei gli ha fatto un favore notevole, dandogli-

Edna – Sì? Ciao, Harold. Sarò brevissima: ci sono difficoltà con Foss? O con suo figlio Kert? Anzi no, si chiama John. Come? Ma no! Veramente? Ma guarda. Certo, d’accordo. Ti farò sapere. Grazie e scusami.

Non ci crederai: ma né Foss né Kert sono andati da Harold. Che cosa intendono fare? Comincio a preoccuparmi. Certo Kert è un bravo ragazzo, ma suo padre è capace di tutto. Anche di rubarmi il copione. Vuoi vedere che ho fatto la sciocchezza della mia vita, dandoglielo? Sono stata una stupida.

Jarvis – Non bisogna saltare alle conclusioni. Se avesse voluto appropriarsi del copione senza sottostare a patti e condizioni, Kert perché starebbe venendo qui?

Edna – Anche questo è vero. Ti prego, vai da aprire anche il cancello esterno. Sono veramente impaziente di sapere di che si tratta.

(Jarvis esce. Edna passeggia nervosamente, ogni tanto va alla finestra. Poco dopo si sentono delle voci [convenevoli] ed entrano Foss, Kert e Jarvis. Kert ha in mano il copione).

Foss e Kert, – Buona sera Edna, buona sera, scusaci l’intrusione…

Edna – Accomodatevi. Vi prego, sedete. (c’è un istante d’imbarazzato silenzio). Avete una faccia da funerale, tutti e due! Che è successo?

Kert – Non so da dove cominciare ed avrei preferito che fossimo noi due soli. Ma mio padre, qui, mi impone la sua presenza. No, Jarvis, non andare di là, sei un buon amico e devi sentire tutto. Il nocciolo della questione è presso detto: sono venuto a riportare il copione, eccolo qui. Mettilo nel cassetto.

Foss – Un momento, non è meglio che prima spieghiamo tutto?

Kert – E che importanza ha, dove sta il copione, nel frattempo? Prendilo, intanto.

(Edna non tende la mano e Kert lo posa su un mobile qualunque, non lontano da dove siede,  come per liberarsi di qualcosa di schifoso). Edna, sono venuto a confessarti che sono un mascalzone. Un mascalzone come mio padre.

Foss – Tu non sei un mascalzone, sei un imbecille.

Kert – (senza badargli) Perché con te ho recitato la commedia. Ti ho ingannata sin dal principio.

Edna – Ingannata?

Kert – Come sai, non abbiamo più credito, presso le banche. Ed è vero che ottenendo il tuo copione noi questo credito l’avremmo ritrovato. Mio padre avrebbe potuto produrre il film, io sarei potuto divenire un vero attore. Tutto questo è vero.

Edna – Lo sappiamo. E allora?

Kert – Ebbene, prima ancora di venire da te mio padre ha elaborato il piano seguente. Io sarei dovuto venire da te, prendere lezioni di recitazione, un po’ per scherzo e un po’ sul serio, e poi avrei dovuto comportarmi in modo da conquistare la tua fiducia. Farti una sorta di corte discreta, tra il filiale e l’appassionato, fino ad indurti a darci quel copione praticamente gratis.

Edna – (guardando Foss) Che figlio di puttana. Per fortuna non mi sono mai illusa, sul tuo conto. E quanto a te, Kert, se penso alle belle parole che m’hai dette, agli atteggiamenti nobili e disinteressati che hai saputo assumere! Non avrei mai pensato di incontrare una vipera con la tua faccia.

Foss – Ma non starlo ad ascoltare! S’è innamorato d’un bel gesto e vuole presentarsi più nero di quanto non sia. Chi saprebbe fingere così bene, così a lungo?

Edna – Lui, appunto.

Kert – Io, sì. Mi sono presentato come un povero giovane in cerca d’un orientamento e d’un sostegno. Un uomo senza un affetto, senza un rapporto intimo con nessuno. E invece sono il figlio di mio padre. Insomma un Foss, in tutto e per tutto.

Edna – (con gelida calma, come constatando una cosa ovvia). Un farabutto come tuo padre.

Kert – Appunto.

Foss – (praticamente gridando) Appunto un corno! Magari lo fosse, si salverebbe, l’imbecille, e mi salverebbe! Invece eccolo qui, a raccontare tutto. (irridendolo) Oh, come mi dispiace! Oh, come sono cattivo! Mandatemi a letto senza cena. S’è innamorato di questa parte, l’imbecille. E nel frattempo mi rovina: non lo vedi che è corso a restituirti tutto, non lo vedi lì, il fottuto copione?

Edna – (sempre gelida, e quasi con cortesia, evidentemente reprimendo la manifestazione della propria tremenda delusione) Le fotocopie sono ben leggibili?

Foss – Quali fotocopie! Anche se le avessimo, lui ha distrutto il foglietto con cui gli affidavi il testo. Se avessi delle fotocopie e tentassi d’usarle mi denuncerebbe per furto. E sono convinto che lo farebbe. L’imbecille. Questo è il figlio che ho messo al mondo.

(un silenzio, in cui Foss borbotta, Kert sta a capo chino, Edna eretta e statuaria non muove muscolo).

Jarvis – Kert, lasciami capire. Hai tentato d’ingannare la signora e ci sei riuscito. Ma allora, perché riporti qui il copione? Perché non ti sei fermato prima d’accettare il regalo, perché non hai rivelato prima il complotto? Che senso ha, tutto questo?

Foss – Il senso d’un banale suicidio.

Kert – Non è un suicidio, è al contrario lo sforzo di salvarmi. Di riuscire a convivere con me stesso. È vero, sono venuto qui pressoché costretto da mio padre, ma questa non è una giustificazione: sono maggiorenne, devo rispondere delle mie azioni. Sono venuto a recitare una parte senza molti scrupoli, visto che mio padre presentava Edna come una sorta d’arpia inacidita.

Edna – (volgendosi a Foss) Grazie.

Foss – (ormai pronto a lottare contro tutti) Non hai mai detto niente di offensivo, in terza persona, tu? Non eri tu che chiamavi Godberg Il Verme, e qualche volta l’hai detto tanto forte da essere sicura che ti sentisse? E non sei tu che m’hai chiamato figlio di puttana, poco fa? Allora smettila, di farmi la morale.

Edna – La differenza è che tu lo sei, un figlio di puttana.

Foss – (stanco di discutere, con un gesto come chi scaccia una mosca) Ah, certo!

Kert – Sono venuto a circuire un’attrice fuori dal giro, in conflitto col mondo e… sono rimasto preso al mio proprio laccio. (parlando ad Edna) Perché ho conosciuto te. E questo ha cambiato tutto.

Jarvis – Non molto, se mi è consentito notarlo. Perché, come dicevo prima, hai proseguito fino al momento in cui ti è stato dato il copione.

Kert – È vero. Ma a poco a poco è stato come se non lo desiderassi più, quel dannato testo. Come se temessi il momento in cui me l’avresti proposto. Quando mi hai dato questi dannati fogli, infatti, sul momento non ho saputo rifiutare ma quel bacio che t’ho dato, alla fine-

Edna – Giuda!

Kert – Quel bacio che t’ho dato era sincero. Ho improvvisamente sentito, proprio nel momento in cui il piano era attuato, che sei una gran donna e  ho compreso che, se ho potuto ingannarti, è perché sei troppo nobile, malgrado il tuo ostentato cinismo, per concepire certe miserie umane. Ho potuto ingannarti perché, mentre io sono solo il figlio di Foss, tu sei forte ma sensibile, a volte brutale ma sempre leale, sei una grande artista e una persona intelligente. Una donna da rispettare ed amare, per dirla tutta. (Edna cala il mento sul petto e scuote lentamente la testa). Sapevo e so che questo mio dirti tutta la verità non mi assolve. Ho potuto concepire un complotto ed ho saputo portarlo a termine. Anche se ti restituisco la refurtiva, rimango un ladro.

Edna – M’hai soprattutto rubato un momento di speranza.

Kert – Solo questo? Sapessi quanti insulti mi sono rivolti io stesso, in questa settimana! Da un lato potevo profittare del mio delitto e non darti un dispiacere, dall’altro sentivo il dovere di confessarti il male fatto. Ma così t’avrei fatto ancor più male. Forse ha ragione mio padre, forse sono un imbecille. E non perché quel dannato testo ci potrebbe salvare ma perché questo mio tardivo atto di lealtà è una rovina per tutti.

Foss – (rassegnato) È come ti ho detto: non sei un mascalzone, sei uno stupido. Un mascalzone farebbe del male agli altri ma non a se stesso.

Edna – (con voce grave, parlando a Kert). Io non capisco più nulla. Come può quell’uomo che ho creduto di conoscere essersi prestato ad un inganno del genere? E se ti sei prestato all’inganno, come mai ora ne butti via il frutto? Ma chi sei, tu?

Jarvis – Edna, perché non credergli? Che ci guadagna? Che interesse ha, ormai, a mentirti? Il suo pentimento è sincero.

Edna – Ma a quale Kert devo credere? Come può una persona essere così contraddittoria? (rivolta a Jarvis e Foss) Posso chiedervi di lasciarmi sola con lui? (Jarvis si alza, Foss ha un moto di perplessità. Poi si lascia andare alla tentazione di dire, allungando la mano:)

Foss –  Posso riprendere il copione?

Edna – No. (i due escono, Foss borbottando “Me ne vado”. C’è un silenzio)

Edna – (il tono fra i due diviene più intimo) Kert, io ho bisogno di capire. Di capire veramente. Perché se questa vicenda è importante per te, per me è importantissima. Mi hai rovesciato nell’anima una cascata di quelli che il mio povero nonno tedesco avrebbe chiamato gemischte Gefühle (pronunciare ghemìscite ghefiùle), sentimenti mescolati. Da un lato hai rivelato un progetto ignobile, dall’altro sei qui a confessarti e a rinunciare al profitto di quel progetto. Chi sono stata, io, per te? Che cosa abbiamo vissuto insieme?

Kert – Quando sono venuto qui, e ancora non ti conoscevo, te l’ho detto, eri un pollo da spennare. Io ho successo, con le donne, inutile negarlo. Con le donne di ogni età. Forse perché – come diceva una mia zia – ho una dolcezza naturale disarmante. La gente non pensa mai a difendersi, da me. Non dico tutto questo per vantarmi, lo dico per spiegarti come è potuto nascere nella mente di mio padre il progetto che hai chiamato ignobile. Lui ha pensato, “visto che tu sai come prendere le donne…”

Edna – (con sottile ironia) E sei anche belloccio.

Kert – (dopo un’esitazione) Mi stai per trattare da gigolò, ma in fondo lo merito. Dunque mio padre mi dice che ho la possibilità di “circuire la vecchia strega” e salvarlo dal fallimento. E fare la mia fortuna.

Edna – La vecchia strega sarei io.

Kert – Che importano, le parole? Forse non ha neppure detto la vecchia strega, ma non m’importa. M’importa il seguito.

Edna – Sentiamolo.

Kert – Vengo qui e tutto funziona come sperato.

Edna – (sempre ironica) Il fascino a trecentosessanta gradi non perde un colpo.

Kert – Ti prego, non è il momento del sarcasmo. Ho anch’io il mio carico di umiliazione. Non mi rendere le cose ancora più difficili, se vuoi tutta la verità.

Edna – La voglio, sì.

Kert – Ebbene, stavolta il fascino a trecentosessanta gradi ha fatto cilecca. Nel senso che ero venuto per affascinare e sono rimasto affascinato.

Edna – Nientemeno! Affascinato dalla vecchia strega?

Kert – (non badandole) Vedi, io sin da piccolo, ho beneficiato della simpatia altrui. A scuola studiavo poco ma i docenti non mi davano brutti voti perché facevo tenerezza- (con irrisione:) Ero così bellino, così bene educato. Sempre così. Con questa facilità d’approccio non ho conosciuto il dolore e forse non sono arrivato alla maturità. Quando sono giunto all’età in cui ci si interessa delle ragazze, che difficoltà potevo avere a scegliere la più bella? Anche se era mezzo scema, potevo subito cambiarla con un’altra. Bionda se la prima era bruna o bruna se la prima era bionda. Ho visto la vita in discesa e ho approfittato del pendio come un surfer su un’onda gigantesca.

Edna – E poi?

Kert – Poi, conoscendoti, sono rimasto impressionato. Era ovvio che eri troppo orgogliosa per accettare la compassione o la condiscendenza, ma nel contempo la tua stessa durezza straziava il cuore. Si vedeva a che punto la vita t’avesse ferita a morte. Vedendoti di presenza, col tuo corpo slanciato e altero, e con quell’atteggiamento da regina, mi sono detto che un tempo eri bella sullo schermo, ma ora eri grande nella sventura. E tuttavia, mentre i sentimenti avvampavano in te ed intorno a te, la tua maschera rimaneva indifferente. Questo contrasto inumano…

Edna – Lo so, faccio paura ai bambini, anche se i più piccoli ridono. Credono che scherzi.

Kert – (dopo una pausa) Da piangere. (dopo un’altra pausa) Ma tutto questo è stato solo l’inizio. Un nulla rispetto a ciò che è seguito. Parlando con te ho scoperto che le anime possono avere delle finestre. In fondo, che cosa avevo conosciuto, prima? Ragazzine smidollate, che magari si mettevano con me per far dispetto alle amiche. O perché, disinformate, pensavano che mio padre un giorno avrebbe potuto fare di loro delle stelle del cinema. In casa, dialogo con mio padre? Neanche a parlarne. Lo conosci: è fatto per il denaro, per la lotta senza esclusione di colpi.  Pensare di dialogare con lui è tanto assurdo quanto pensare di dialogare su un ring di pugilato. Non ho avuto una madre e quanto agli amici, o io stesso cercavo solo le ragazze o essi mi odiavano per i miei facili successi. Ma fondamentale è un’altra cosa: per molto tempo non ho sentito il bisogno, di un dialogo. Perché non lo conoscevo. Tacevo con tutti, tutti tacevano con me e non immaginavo ci fosse di meglio. Con te invece è stato immediatamente diverso. Non è che tu lo facessi apposta, ma ad ogni piè sospinto, alla minima occasione, affioravano sulla tua bocca considerazioni sui sentimenti degli uomini, sui motivi per cui tutti noi agiamo, sulle infinite pieghe dell’animo umano. Tu non mi spiegavi soltanto le intonazioni con cui recitare i testi, ma le ragioni per cui dovevano essere quelle. Ed ho capito che ero un selvaggio. Non solo non potevo neanche sperare d’incontrare un’altra donna come te, nella vita, ma soprattutto ho capito che se l’incontrassi non la meriterei.

Edna – (raddolcita) Suvvia, sei troppo pessimista.

Kert – Non sono troppo pessimista. Se c’è una cosa che mio padre m’ha veramente insegnato è a non farmi illusioni. Venuto per ingannarti col pretesto della recitazione mi sono presto accorto che tutto era divenuto un pretesto per stare accanto a te. È vero, ho temuto sempre più la fine di queste lezioni. Ho temuto il momento in cui, se il piano di mio padre avesse funzionato, m’avresti messo in mano il copione. Per giunta mi sono reso sempre più acutamente conto che, se avevo questa occasione di stare accanto a te, era solo a causa della tua disgrazia. Diversamente non m’avresti degnato d’uno sguardo. E questo mi faceva sentire ancora più spregevole: approfittavo di una donna crudelmente maltrattata dal destino.

Edna – E come mai hai accettato il copione, quando te l’ho dato?

Kert – Ah, non è facile spiegarlo. Forse ho avuto una vita facile e non sono stato abituato a prendere decisioni rapide. Napoleone era capace di cambiare il piano di battaglia, se esso non si sviluppava secondo le previsioni. Perché era un grande condottiero. Io invece sono come i generali austriaci: applico la strategia prevista, anche quando diviene perdente. Insomma, sul momento mi sono detto “intanto lo prendo, poi si vedrà”. E poi invece ho visto che affogavo in un oceano di vergogna. Sono stato uno sciocco.

Edna – No, semplicemente umano.

Kert – Ho esitato per un paio di giorni. Immagini ciò che ha fatto e detto mio padre, quando ha appreso che volevo riportarti il copione? Il dilemma però è stato un altro: avrei sopportato l’umiliazione di denudarmi dinanzi a te? Chi ero, per te, sino a stamattina?

Edna – Come, chi eri?

Kert – Ero il bravo giovane umile e affettuoso con cui dialogavi piacevolmente. Quello che beveva le tue parole come miele, quello che ti raccontava la sua anima, o almeno quel poco che aveva cominciato a scoprire. Un giovane che tu potevi stimare, perfino amare, un poco. Rivelandoti tutto, e restituendoti il copione, avrei rituffato mio padre nel suo fallimento professionale e me stesso nel peggio che so di essere. Non sarei più divenuto un attore noto e per giunta ti avrei obbligata a disistimarmi. Ma il peggio sarebbe stato ciò che avrei inflitto a te. L’idea che un giovane quasi ti corteggia solo per ottenere qualcosa da te, e non perché lo meriti, è un modo per ricacciarti ancor più a fondo nel tuo inferno. Come rivelare alla figlia del miliardario che anche il primo giovane che sembrava volerle bene per lei stessa era in fondo un cacciatore di dote. Come tutti gli altri. Nel frattempo tutto questo non era più vero, lo sapevo bene: ma potevo contare sul fatto che m’avresti creduto? Tornare da te, oggi, è stato un modo di far male a te, a me, a mio padre. È possibile che la verità rimanga un valore, anche quando fa male a tutti?

Edna – Io credo di sì.

Kert – Forse perché sei una donna forte. Ma io non ne posso più. L’unico vantaggio, per me è che, qualunque cosa segua questo giorno, sono come un ex-galeotto, ho pagato il mio prezzo. Posso guardarti in faccia e dirti le cose più belle e quelle più orribili. Hai vent’anni più di me, per esempio. Sei sfigurata. Ma se solo dimentico queste cose, la realtà è che sei la donna che avrei potuto amare e che m’avrebbe detto di no. Perché hai un potenziale diverso. Meriteresti qualcuno della tua classe. (sorridendo:) E che magari avrebbe difficoltà a stare accanto ad una donna che rischia di dominarlo.

Edna – (sorride anche lei) Una vecchia strega, come sempre. Non dire altro.

Kert – (si alza). Credo sia tutto.

Edna – No, non è tutto. Siediti. A questo punto dovrei dirti come ho vissuto io tutta questa storia. Confesso che non ho mai immaginato che tutto fosse preordinato ad ottenere il copione. E confesso che poco fa, quando m’hai rivelato l’inganno, mi sono sentita morire: ci sono momenti in cui una maschera è più utile di quanto non si pensi. Ma il resto delle tue parole mi ha fatto capire che non mi ero sbagliata: accanto a te io ho ritrovato la mia gioventù, quasi la mia ingenuità. Sono ridivenuta una ragazza che aspettava d’incontrare il suo compagno di scuola, con cui forse stava nascendo qualcosa. È stato bello. Poi è arrivata la fine dell’anno, tutto è finito, ma l’ho presa come se fosse naturale. Come se quel bacio che hai dato a questa maschera fosse la promessa di un futuro. Non con te, certo, ma comunque un futuro. Quel bacio mi diceva che qualcuno può ancora amarmi. E questo valeva e vale più del copione.

Certo, senza la tua confessione di oggi, sarei rimasta a chiedermi se avessi visto bene. Se mi fossi ingannata o se fossi stata ingannata. Oggi non più. Questa verità, che tu dici nociva per tutti, per me è bellissima: perché è infrangibile. M’hai dato un immenso fascio di rose con le loro brave spine, mi hai riabilitata come donna che può essere amata. Anche se non vedo da chi.

Kert – Non lo vedi perché non apri gli occhi.

Edna – (perplessa) Intendi da te?

Kert – No, onestamente so che, per mille ragioni, le nostre strade finiranno col divergere. No, hai già accanto una persona che ti ama. Una persona che ti ha amata nel tuo momento peggiore e ancora oggi ti ama anche quando sei nervosa e brusca. Qualcuno che, per amore, s’è adattato a divenire il tuo domestico.

Edna – Jarvis?

Kert – Ma certo! Prima di vivere con te non è stato forse un grande tecnico del suono? Ha abbandonato tutto per vivere con te. Potrebbe guadagnare molto denaro, se solo ti lasciasse sola ma no, lui è sempre qui. Sempre discreto, sempre disponibile, pago di sentire nella tua voce un po’ d’amicizia e d’affetto per lui. Quante volte, in questi mesi, ho paragonato il mio amore per le ragazze al suo! Quante volte mi sono detto che tutta l’industria cinematografica è un enorme inganno: ci fa identificare l’amore con la giovane coppia spensierata e ci lascia ignorare questi prodigi di devozione, questo vero amore, capace di dare tanto e non chiedere nulla!

Edna – (perplessa) Sì, certo, mi vuol bene.

Kert – Ti vuol bene? Hai accanto un tesoro e non te ne accorgi. Oggi lui è il maggiordomo quando vuoi che ti porti la colazione, ma è l’amico quando hai bisogno di parlare con qualcuno, quando hai bisogno di un consiglio. Copre i vuoti della tua esistenza e ti permette d’ignorarli. Forse in questo si vede il tuo egoismo di grande diva: Jarvis è rimasto quello che per te era un uomo, quando eri al colmo del successo. Qualcuno che, amandoti e servendoti, non fa in fondo che il suo dovere. Non ti rendi conto che se ti lasciasse saresti interamente sola. Jarvis non ha il dovere d’amarti: ti ama perché è generoso.

Edna – Ora sei crudele, con me.

Kert – Abbiamo giocato il gioco della verità ed anche questa è una parte della verità. (alzandosi) Tientelo caro, Jarvis. Io verrò a trovarti ancora, forse spesso, se me lo consentirai, perché sei la persona più importante della mia vita fino ad oggi: ma tu guarda bene Jarvis. Perché è lui il vero amore.

Edna – (prima rimane in silenzio, impressionata. Poi si alza anche lei, prende il copione e con altra voce chiede) Vedo che te ne vai. Di questo che ne facciamo?

Kert – Mettilo in un cassetto. La cosa non mi riguarda più. Posso ancora venire a trovarti?

Edna – (come meravigliata che egli lo chieda) Certamente.

Kert – Nessun certamente, è un regalo, che mi fai.

Edna – Non ci pensare. Allora, ciao.

Kert – Ciao e… mille volte grazie.

Edna – E un bacio alla mia maschera non lo dai?

Kert – (allegramente) Ma certo! (tela).

 

2005

OPERE TEATRALI – EDNAultima modifica: 2012-07-22T13:59:00+02:00da gianni.pardo
Reposta per primo quest’articolo